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Roberto de Clari

Cronaca della Quarta Crociata

Tradotto da: Robert de Clari, in Three Old French Chronicles of the Crusades, ed. Edward N. Stone (Seattle, 1939) [online]

Alcune osservazioni

  • L'autore attribuisce agli zaratini la richiesta della lettera di Innocenzo III - la lettera invece, se è esistita, era stata provocata da precedenti segnalazioni probabilmente  del partito di Simone di Monfort e dell'abate di Vaux de Cerney
  • L'autore ignora il tentativo iniziale degli zaratini di trattare
  • Come tutti i cronisti, l'autore nulla dice di cosa avvenne ai cittadini di Zara
  • non cita l'abbandono della crociata da prte di Simone di Monfort e dell'anate di Vaux.
  • L'autore pensa che anche i Veneziani fossero rapidamente perdonati dal Pontefice; la scomunica invece fu molto più tardi

Capitolo 14: Come i pellegrini ed i Veneziani andarono contro Zara, come la attaccarono malgrado il divieto del Papa e come presero la città e la divisero

Così i pellegrini ed i Veneziani veleggiarono fino a giungere a Zara nella notte della festa di San Martino. Quando gli uomini della città di Zara videro arrivare la flotta ed i grandi squadroni essi erano irritati e spaventati, fecero chiudere le porte della città, e si armarono meglio che poterono per potersi difendere. Quando essi furono armati, il Doge parlò a tutti i notabili dell'armata e disse loro: " Signori, questa città ha fatto molto danno a me e alla mia gente; pertanto volentieri mi vendicherei. Così vi chiedo ti venire in mio aiuto." E i baroni ed i notabili risposero dicendo che lo avrebbero aiutato volentieri. Ora gli uomini di Zara sapevano benissimo che gli uomini di Venezia li odiavano.  Pertanto essi procurarono una lettera da Roma  di modo che chiunque avese fatto guerra a loro e avesse fatto loro danno sarebbe stato scomunicato. Ed essi inviarono, con messageri fidati, questa lettera al Doge ed ai pellegrini che erano giunti li. Quando i messaggeri giunsero all'armata, la lettera fu letta davanti al Doge ed ai pellegrini. La lettera fu letta ed il Doge la udì e disse che nessuna scomunica del Pontefice lo avrebbe trattenuto dal vendicarsi su quelli della città. Poi i messaggeri andarono per la loro strada.  Il Doge parlò allora una seconda volta ai baroni e disse loro: "Signori, vi sia noto che per nessuna ragione mi tratterrò dal vendicarmi su di loro, nemmeno per lo stesso Pontefice!". Ed egli pregò loro di aiutarlo. I baroni risposero tutti che lo avrebbero aiutato volentieri - salvo il Conte Simone di Monfort e il mio signore Enguerrand di Boves. Essi dissero che per nessuna ragione sarebbero andati contro l'ordine del Papa nè che avevano desiderio di essere scomunicati. Così essi si allontanarono e andarono in Ungheria per trascorrervi l'inverno.
Quando il Doge vide che i baroni lo avrebbero aiutato egli fece preparare le sue macchine per l'assalto alla città  fino a che quelli della città non compresero che non potevano resistere contro di loro; allora vennero a patti e consegnarono loro la città. I pellegrini ed i Veneziani entrarono allora còlà e divisero la città in due metà, così che i pellegrini avevano una metà ed i Veneziani l'altra.

Capitolo 15:  Come nacque un conflitto tra i veneziani ed alcuni pellegrini e come essi ottennero l'assoluzione dal Papa. 

Di seguito nacque un grave conflitto tra i Veneziani e i più vili dei pellegrini che durò una intera notte e mezza giornata. E il conflitto fu così grande che con difficoltà i cavalieri furono capaci di separarli. Ma dopo che li ebbero separati essi stabilirono una pace tra loro tanto buona che successivamente mai si misero più uno contro l'altro. Poi i notabili che avevano preso la Croce ed i Veneziani parlarono tra loro della scomunica con la quale erano stati banditi per aver preso la città e presero la decisione, tra loro, di inviare qualcuno a Roma per ottenere l'assoluzione. Essi mandarolo colà il Vescovo di Soissons e il mio signore Roberto di Boves, che ottennero lettere dal Pontefice con le quali tutti i pellegrini e tutti i Veneziani erano assolti. Quando ebbero queste lettere, essi fecero ritornare il Vescovo più rapidamente poterono ma il mio signore Roberto di Boves non ritornò con lui e andò oltremare direttamente da Roma.

Capitolo 16: Quando i pellegrini persero ogni speranza nella loro impresa

Nel frattempo, mentre gli uomini che avevano preso la Croce ed i Veneziani trascorrevano lì l'inverno, essi considerarono che avevano fatto grandi spese, e parlarono tra loro e dissero che per nessuna ragione potevano andare a Babiliona nè ad Alessandria nè in Siria perchè non avevano nè vettovaglie nè mezzi per andare lì, perchè essi avevano speso pressecchè tutto quello che avevano, sia per il soggiorno che avevano fatto e per le grandi spese che avevano fatto per la flotta. Ed essi dissero che per nessuna ragione potevano andare colà perchè non avevano vettovaglie e mezzi per sostenersi.

Capitolo 17: Come il Doge incoraggiò i pellegrini e dell'occasione in cui il marcgese disse loro di andare contro Costantinopoli

Il  Doge di Venezia comprese perfettamente che i pellegrini erano in  difficoltà; egli parlò a loro e disse." Signori, in Grecia c'è una terra molto ricca, che abbonda di tutte le cose buone, se possiamo trovare una favorevole occasione per andare lì e prendere le vettovaglie di quella terra e altre cose, fino a che saremo completamente rimessi, questo mi sembra un buon consiglio e così potremmo andare oltre in vero al di là del mare". Poi si alzò il Marchese [del Monferrato] e disse: "Signori, ero l'anno scorso in Yuletide in Germania, alla corte del nostro Signore l'Imperatore. E lì ho visto un giovane uomo che era fratello della moglie dell'imperatore di Germania. E questo giovane uomo era figlio dell'Imperatore Isacco di Costantinopoli, a cui uno dei suoi fratelli aveva tolto l'impero tradendo.  Ora qualunque cosa possa questo giovane, egli può facilmante andare nella terra di Costantinopoli e otterere vettovaglie e altre cose, perchè questo giovane è lì il vero erede.
Versione 1: 16/3/2010
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