Versione 1 - 28/1/2010
§24 Il primo assedio di Zara
Avvio della Quarta Crociata e situazione a Zara
A quel tempo venne il proclama di papa Innocenzo III°, che tutti i cristiani si accingano [inizio 1198 – lettera ad Andrea di Ungheria ricordando il voto del padre Bela III°] a soccorrere potentemente la Terra Santa ed egli garantì a coloro che moriranno lì, nella speranza di vita eterna, una indulgenza per tutti i peccati. Quindi tutto il mondo si mosse, specialmente dall'ovest un gran numero di persone prese il segno della croce e venne a Venezia. Li essi cercarono di ottenere un passaggio affittando le navi dai veneziani. Quando fu raggiunto un accordo sulla somma da pagarsi per le navi ed i marinai, i veneziani prepararono cinquanta galee e altrettante grandi navi e altrettante ancora per il trasporto dei cavalli, delle provvigioni e delle armi.
Oltre a questo vi erano spedizioni di altri gruppi con nave affittate privatamente; si riunì quindi una grande armata navale. Comunque i veneziani riuscirono ad imporre questa condizione ai Franchi: ovunque i veneziani desiderassero sbarcare con la loro intera armata i Franchi erano impegnati, per loro consenso, di aiutare i veneziani contro chiunque. A quel tempo gli zaratini erano particolarmente ostili verso i veneziani. Essi attaccavano i veneziani ovunque potevano; prendendo le loro merci, infliggendo ferite e massacrando e sforzandosi, con tutta la loro forza, di infliggere loro qualunque danno fosse in loro potere infliggere.
[146-147]
Poiché essi erano enormemente ricchi, ed erano guidati da grande e spensierata impudenza. Gonfiati dalla superbia, esaltati dalla loro potenza, traevano vanto degli oltraggi che avevano inflitto, esultando delle loro azioni demoniache, essi deridevano gli inferiori e sfidavano i superiori. E sebbene fossero corrotti da tanti vizi, essi aggiunsero ad essi un altra malvagità; essi rigettarono le vera fede cattolica e permisero di essere colpiti dalla malattia dell'eresia. Ognuno che contasse tra i nobili e i “ben nati” di Zara volentieri riceveva e incoraggiava gli eretici.
Oltre a questo vi erano spedizioni di altri gruppi con nave affittate privatamente; si riunì quindi una grande armata navale. Comunque i veneziani riuscirono ad imporre questa condizione ai Franchi: ovunque i veneziani desiderassero sbarcare con la loro intera armata i Franchi erano impegnati, per loro consenso, di aiutare i veneziani contro chiunque. A quel tempo gli zaratini erano particolarmente ostili verso i veneziani. Essi attaccavano i veneziani ovunque potevano; prendendo le loro merci, infliggendo ferite e massacrando e sforzandosi, con tutta la loro forza, di infliggere loro qualunque danno fosse in loro potere infliggere.
[146-147]
Poiché essi erano enormemente ricchi, ed erano guidati da grande e spensierata impudenza. Gonfiati dalla superbia, esaltati dalla loro potenza, traevano vanto degli oltraggi che avevano inflitto, esultando delle loro azioni demoniache, essi deridevano gli inferiori e sfidavano i superiori. E sebbene fossero corrotti da tanti vizi, essi aggiunsero ad essi un altra malvagità; essi rigettarono le vera fede cattolica e permisero di essere colpiti dalla malattia dell'eresia. Ognuno che contasse tra i nobili e i “ben nati” di Zara volentieri riceveva e incoraggiava gli eretici.
La flotta a Zara e l'assedio
L'intera flotta levò le ancore in Venezia nel mese di ottobre dell'anno 2003; scendendo per la costa dell'Istria, essi entrarono in Damazia e giunsero a riva vicino alla città di Zara. Tra i maggiori capi dell'armata c'era, da parte dei Franchi, un certo Simone, conte di Monfort, e tra i veneziani il Doge, Enrico Dandolo, un uomo energico e attento, che, sebbene cieco dal punto di vista fisico, aveva imparato a osservare in modo scaltro con la sua mente. Quindi, quando gli zaratini si accorsero di essere bloccarti, essi erano molto timorosi, non sapendo che cosa avrebbero dovuto fare per il meglio. All'improvviso comunque avvenne per loro un disastro con tanti morti che non rimasero vive nella città abbastanza persone da seppellirli. I cadaveri delle vittime giacevano insepolti nelle loro case e nelle chiese; gli sfortunati cittadini non sapevano a che cosa badare se ai doveri verso i concittadini e la città o ai loro doveri verso i morti. Ed allora avvenne che la città rimase senza aiuto, non guardata e non difesa dai suoi stessi abitanti, fu rapidamente e facilmente catturata dal nemico.Il giudizio divino fu manifestato loro nel giorno di San Crisogono, il santo da loro più venerato.
[148-149]
In quel giorno i venezini sbarcarono dalle loro navi e corsero in compagnie dentro la città che fu presa in brevissimo tempo. Essi si stabilirono li per un po e quando se ne andarono ridussero la città a un luogo selvaggio. Essi demolirono tutte le mura e le torri che circondavano la città e ogni singola casa all'interno lasciano in piedi solo le chiese. Poi tutta la moltitudine delle navi partì, navigò verso Costantinopoli e la catturarono.
[148-149]
In quel giorno i venezini sbarcarono dalle loro navi e corsero in compagnie dentro la città che fu presa in brevissimo tempo. Essi si stabilirono li per un po e quando se ne andarono ridussero la città a un luogo selvaggio. Essi demolirono tutte le mura e le torri che circondavano la città e ogni singola casa all'interno lasciano in piedi solo le chiese. Poi tutta la moltitudine delle navi partì, navigò verso Costantinopoli e la catturarono.
La reazione degli zaratini
Quindi gli zaratini, esiliati nella loro terra, iniziarono a percorrere il mare infliggendo gravi danni ai veneziani ovunque essi potessero attaccarli. Ma i venezioani spedirono galee e navi e lasciarono una grande forza di truppe, che impediva agli zaratini di entrare in città e anche li perseguitava dovunque nel mare. In quel periodo arrivarono in Dalmazia 10 galee di Gaeta, l'arcivescovo Bernardo di Spalato li avvicinò e parlò con loro per dare aiuto agli zaratini contro i veneziani nella fortezza dell’isola [Osljak]. Quando quelli di Gaeta, acconsentirono alle richieste dell’arcivescovo e un accordo fu raggiunto circa il pagamento, l’arcivescovo partì per Vrana [sede di un monastero benedettino di St. Gregorio dal 1196 e sede dei Templari] e ritirò una somma in argento che il re aveva depositato presso i templari [re Zovomir aveva donato il monastero a Gregorio VII°] Quando fu fatto il pagamento gli zaratini unirono le loro forze con quelli di Gaeta, uscirono e iniziarono vigorosamente la battaglia con i veneziani che erano dentro al forte. Alla fine i veneziani, le cui forze erano impari, furono indeboliti e non più capaci di alzare le loro armi ed erano incapaci di resistere più a lungo. Allora gli zaratini e quelli di Gaeta, dopo aver ottenuto la vittoria, posero alla spada tutti i veneziani che avevano trovato nel forte; e dopo aver distrutto tutte le costruzioni di quella fortificazione essi rientrarono a Zara.
[150-151]
Quindi essi si dedicarono a restaurare le case alla meglio, come potevano, e iniziarono a vivere li di nuovo [ 8 novembre 2003 la città era già abitata, CD3:44]. Comunque essi inviarono una ambasciata a Venezia e fecero pace con i veneziani, accettando di essere soggetti a loro per sempre e di mostrare duratura lealtà [1204, CD 3:45 vescovo e conte di origine veneziana, ostaggi zaratini a Venezia e compensazioni finanziarie]. Allo stesso tempo i veneziani, desiderosi di vendicarsi dell’arcivscovo Bernardo, arrivarono con le loro galee e distrussero il palazzo e la torre che l’arcivescovo aveva costruito nell’isola di Vranjic fuori Solin.
[150-151]
Quindi essi si dedicarono a restaurare le case alla meglio, come potevano, e iniziarono a vivere li di nuovo [ 8 novembre 2003 la città era già abitata, CD3:44]. Comunque essi inviarono una ambasciata a Venezia e fecero pace con i veneziani, accettando di essere soggetti a loro per sempre e di mostrare duratura lealtà [1204, CD 3:45 vescovo e conte di origine veneziana, ostaggi zaratini a Venezia e compensazioni finanziarie]. Allo stesso tempo i veneziani, desiderosi di vendicarsi dell’arcivscovo Bernardo, arrivarono con le loro galee e distrussero il palazzo e la torre che l’arcivescovo aveva costruito nell’isola di Vranjic fuori Solin.
Liti nella Curia di Spalato
Dopo questi eventi sorse una disputa tra l’arcivescovo Bernardo e i suoi canonici. Poiché l’arcivescovo era ingegnoso e intelligente mentre i canonici erano ingenui e creduloni. E così egli cominiciò ad ingannarli blandendoli e premendo perchè rinunciassero agli statuti dei loro diritii, diritti che ereno stati garantiti dalla Curia Romana [statuti di Innocenzo III° nel 1206 che confermano i diritti emessi da Celestino III° nel 1196] al tempo dell’Arcivescovo Pietro, dicendo che erano falsi e privi di significato.
Essi si arresero quasi come un sol uomo. Perchè l’arcivescovo era generoso con loro nel fornire la mensa, liberale nel garantire loro piccoli doni ed era sempre molto amichevole con loro. Ma Andrea il primacerio, Cataldo e due altri non concordarono alla fine con questa resa. L'arcivescovo lentamente ritraeva la sua usuale generosità. Allora quelli che si erano arresi ritornarono in sè e cominciarono a pentirsi.
[152-153]
Essi riavvicinarono ai due prima citati che non avevano ceduto e si posero dalla loro parte. Poi essi andarono dall’arcivescovo e chiesero, con grande insistenza, che fossero restituiti i loro diritti. Quando l’arcivscovo rifiutò né derivò una tempesta di discordia tale che l’arcivescovo e i suoi canonici alla fine decisero di affidare tutta la materia alla Curia Romana. Quando le due parti si incontrarono a Roma, essi erano pronti ad assalirsi l’un l’altro con le loro accuse. Ma prima che il loro caso fosse effettivamente portato in processo davanti al Supremo Pontefice, a seguito delle pressioni degli amici essi addivenirono ad un compromesso pacifico, e gli animi si calmarono. Alla fine l’archivscovo restituì tutto a loro, e quindi essi , esultanti, tornarono a casa in pace.
Essi si arresero quasi come un sol uomo. Perchè l’arcivescovo era generoso con loro nel fornire la mensa, liberale nel garantire loro piccoli doni ed era sempre molto amichevole con loro. Ma Andrea il primacerio, Cataldo e due altri non concordarono alla fine con questa resa. L'arcivescovo lentamente ritraeva la sua usuale generosità. Allora quelli che si erano arresi ritornarono in sè e cominciarono a pentirsi.
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Essi riavvicinarono ai due prima citati che non avevano ceduto e si posero dalla loro parte. Poi essi andarono dall’arcivescovo e chiesero, con grande insistenza, che fossero restituiti i loro diritti. Quando l’arcivscovo rifiutò né derivò una tempesta di discordia tale che l’arcivescovo e i suoi canonici alla fine decisero di affidare tutta la materia alla Curia Romana. Quando le due parti si incontrarono a Roma, essi erano pronti ad assalirsi l’un l’altro con le loro accuse. Ma prima che il loro caso fosse effettivamente portato in processo davanti al Supremo Pontefice, a seguito delle pressioni degli amici essi addivenirono ad un compromesso pacifico, e gli animi si calmarono. Alla fine l’archivscovo restituì tutto a loro, e quindi essi , esultanti, tornarono a casa in pace.
Bernardo studioso
Bernardo era uno studioso: aveva passato più di trenta anni a Bologna, studiando le scienze, e possedeva numerosi libri, belli e di valore, che egli concesse ai suoi nipoti. Egli acquistò inoltre per loro una grande casa ed una torre presso la porta est di Perugia e li dotò di beni durante la sua vita. Egli ha composto un libro contro gli eretic i [perduto] ed anche un libro di sermoni [forse doc 626 del tesoro della cattedrale]. Nel 1209 egli rimosse il corpo di Sant'Anastasio dal vecchio altare e lo pose in uno nuovo nello stesso posto [un altare pre gotico, datazione confermata da Farlati e dagli archeologi]. Inoltre egli ordinò, nello stesso giorno, Giovanni, nipote di Cucilla, vescovo di Nin [prima menzione nel 1217] e Bartolomeo, nipote di Tizio, come vescovo di Skradin. Questi uomini erano entrambe di Zara.
[154-155]
Tuttavia gli non aveva proceduto secondo le dovute regole alla loro promozione, perchè essi erano piuttosto squalificati in termini di età e di cultura. E poichè Bernardo non aveva proceduto con la dovuta cura nell'esaminarli e li aveva consacrati con troppa fretta, egli non andò impunito. Egli fu accusato davanti al Sommo Pontefice e fu punito con la censura canonica. Egli inoltre nominò Grupce, figlio di Prodan, arcidiacono della chiesa di Spalato, e un altro Grupce, nipote di Firma, arciprete. Entrambe rimasero al suo servizio e lo accompagnarono ovunque egli andasse. Ma nella disputa sui privilegi, l’arcidiacono [Tommaso]+ si allontanò da lui e si pose dalla parte del capitolo. In seguito a ciò egli non lo trattava più in modo gentile; infatti, essi si perseguivano a vicenda con mutuo odio. L’arcidiacono, comunque lo sopportò con fermezza.
[154-155]
Tuttavia gli non aveva proceduto secondo le dovute regole alla loro promozione, perchè essi erano piuttosto squalificati in termini di età e di cultura. E poichè Bernardo non aveva proceduto con la dovuta cura nell'esaminarli e li aveva consacrati con troppa fretta, egli non andò impunito. Egli fu accusato davanti al Sommo Pontefice e fu punito con la censura canonica. Egli inoltre nominò Grupce, figlio di Prodan, arcidiacono della chiesa di Spalato, e un altro Grupce, nipote di Firma, arciprete. Entrambe rimasero al suo servizio e lo accompagnarono ovunque egli andasse. Ma nella disputa sui privilegi, l’arcidiacono [Tommaso]+ si allontanò da lui e si pose dalla parte del capitolo. In seguito a ciò egli non lo trattava più in modo gentile; infatti, essi si perseguivano a vicenda con mutuo odio. L’arcidiacono, comunque lo sopportò con fermezza.
Treguano vescovo di Trogir
A quel tempi, Treguano, un Toscano dalla città di Firenze, fu scelto per coprire il seggio vacante di Trogir. L’arcivescovo Bernardo lo aveva portato con sè dall’Ungheria, perchè era un suo compatriota, e passava con lui un tempo considerevole istruendo i clerici di Spalato nelle lettere. Quindi, poichè era giovane ed era considerato più utile in materie attinenti le scienze letterarie, i cittadini di Trogir chiesero all'arcivescovo Bernard se Treguano poteva risiedere presso di loro per qualche tempo, per aiutarli nelle loro necessità. Bernardo acconsenti alla richiesta e Traguano partì per Trogir; e siccome visse con i suoi cittadini vi era un grande attaccamento reciproco. Egli fu fatto prima loro notaio, successivamente arcidiacono [1203] e finalmente eletto vescovo [1206 fino al 1254]. Così egli fu presentato all’arcivescovo Bernardo e ricevette da lui il dono della consacrazione.
[156-157]
Invero egli procedette graduatamente a guidare la chiesa di Trogir, lontano dal suo stile arcaico verso nuove e migliori pratiche di educazione e di appendere l’insegnamento della Chiesa. Egli era veramente un uomo colto ed eloquente, e in breve tempo con i suoi assidui sforzi, egli riportò il benessere del clero e dei laici di quella città a sane e fiorenti condizioni.
[156-157]
Invero egli procedette graduatamente a guidare la chiesa di Trogir, lontano dal suo stile arcaico verso nuove e migliori pratiche di educazione e di appendere l’insegnamento della Chiesa. Egli era veramente un uomo colto ed eloquente, e in breve tempo con i suoi assidui sforzi, egli riportò il benessere del clero e dei laici di quella città a sane e fiorenti condizioni.
Lotte per i vescovadi di Num e Knin
Nello stesso tempo divenne vacante la chiesa di Nim [Nona] e fu eletto un canonico della chiesa di Spalato di nome Nicola. Ma l’arcivescovo Bernardo non lo voleva accettare. Invece egli voleva che la gente di Nim eleggesse l’arciprete Grupce prima nominato. Ma i canonici di Spalato presero le parti di Nicola e rifiutarono Grupce. Di conseguenza Bernardo decise di non consacrare Grupce nella chiesa metropolitana ma di andare a Vrana e di consacrarlo nella chiesa dei Templari, assieme con un altro di nome Miko, eletto vescovo di Knin. Da questo nacque una grande contestazione tra Nicola, vescovo eletto di Nim, e Grupce vescovo consacrato. Il caso su perseguito per tanto tempo che entrambe le parti esaurirono la loro ricchezza per i costi dei processi e alla fine si ridussero in grande povertà
Bernardo e Treguano al Concilio Laterano
Comunque il vescovo Bernardo declinava negli anni e cadde vittima di una malattia paralizzante che causava un tremore alle labbra e lo lasciò incapace di parlare. E poichè poteva pronunciare parole solo con grande difficoltà, egli piangeva amaramente quando qualcuno veniva per vederlo. Prima che le sue forze fossero del tutto consumate dalla malattia, egli andò a Roma e partecipò al Concilio di papa Innocenzo [1215 Concilio Laterano IV°]. Comunque, quando ritornò era diventato completamente impotente ed era appena capace di poche parole davanti al clero ed al popolo. Ma Treguano, vescovo di Trogir, per più di due giorni, lesse e spiegò alcuni degli articoli del concilio.